Alessandro Fumagalli
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C’è chi giura che la sharing economy possa essere la “formula magica” per il futuro, e già nel presente sta cominciando a prendere piede approfittando anche della (solita) lentezza delle istituzioni nell’adeguarsi al cambiamento.
Una delle formule più fortunate, ad esempio, è quella di AirBnb: metti a disposizione una stanza, un letto e un bagno che non usi a uno/due o più che si “accontentano” di avere un posto dove dormire e fare la doccia, ma senza i servizi che può offrire un albergo; proprio per questo – e per non essere soggetto a particolari “doveri” al di fuori di quello della buona ospitalità – non hai le stesse spese, quindi puoi offrire un prezzo più basso facendo felice chi deve risparmiare.
Funziona, perché c’è un vuoto normativo che al momento svantaggia gli alberghi, i B&B e le altre strutture ricettive “vere e proprie”, ma le cose stanno cambiando e il capofila di questo nuovo vento è la Regione Lombardia (sì, quella che oggi è al centro delle polemiche per la – discutibilissima – scelta di lanciare un messaggio attraverso le finestre accese del Pirellone).
Registrazione degli ospiti in arrivo con notifica in Questura e riscossione della tassa di soggiorno, da versare poi al Comune: sono questi gli obblighi introdotti dagli uffici guidati dall’assessore regionale al Commercio e turismo, Mauro Parolini. Inoltre l’attività non dovrà essere continuativa ma saltuaria, altrimenti diventa ricettiva in senso stretto – con tutto quello che ne consegue.
Finito Expo, che ha visto letteralmente decollare AirBnB in Lombardia (dove ci sono ben 20mila persone che hanno messo una camera in affitto con questo sistema), viene un po’ meno anche l’esigenza di avere tante camere a disposizione; il momento sembra dunque quello propizio per una regolamentazione del settore.
Il fenomeno è in crescita – ha spiegato Parolini alla stampa – e non si può certo arrestare: non è neppure il nostro obiettivo; vogliamo piuttosto regolamentare un settore che è destinato a diventare sempre più importante, eliminando quelle zone grigie che renderebbero la concorrenza sleale.
Senz’altro una buona notizia, dunque: la concorrenza è sacrosanta, così come deve esserlo il rispetto delle regole in modo che non ci sia nessuno che se ne avvantaggi a discapito di un altro. E’ pieno il mondo di realtà che sentendosi al di sopra delle regole possono fare prezzi più bassi rispetto ai competitor “onesti”, mettendoli in seria e immeritata difficoltà.