Alessandro Fumagalli
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Sui campi da calcio, si sa, se ne vedono di ogni, e non è una bella cosa.
Allenatori che insegnano il fallo poco sportivo, ragazzini che simulano un colpo subito per far ammonire l’avversario, genitori che anziché tifare per la propria squadra non perdono occasione per maledire l’arbitro e le sue decisioni. A volte viene da pensare che ci sarebbe di che sospendere tutti i campionati a tempo indeterminato, se non fosse perché questa decisione punirebbe soprattutto tutti quelli che invece riescono a vivere la partita come un momento di sport e di sfida dei propri limiti.
La Puglia ci racconta un’altro episodio ai limiti del neurodelirio: durante la partita Tricase-Sogliano Cavour, campionato Giovanissimi, il papà di un giovane calciatore è entrato in campo e ha schiaffeggiato ripetutamente l’arbitro, 17enne.
Niente di serio quanto a vigore dei colpi, visto che il giovane direttore di gara si è preso una prognosi di 3 giorni, ma il pensiero di interrompere tutto per far prevalere la propria idea di giustizia su quella del giudice (perché l’arbitro, in una partita, è il giudice unico e insindacabile) è di una violenza e di un’inciviltà inaudita, figlia anche dei cattivi maestri che si vedono in Serie A e di vent’anni di politica inquinata da lotte senza esclusione di colpi tra i poteri dello stato.
Anche in questo caso, però, c’è una #buonanuova: pare che il figlio di cotanto genitore sia stato il paciere della vicenda, e sia andato a fermare il padre, tutto intento a farsi giustizia da sé – e a chiedere scusa a tutti – arbitro compreso – in lacrime per l’accaduto.
Per fortuna qualche volta il frutto cade lontano dalla pianta..